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L'opera di Roberto Barni, in pittura e in scultura, rinnova con visionaria originalità la superba linea dell'arte italiana impegnata, lungo il Novecento e oltre, ad affrontare la difficile, improrogabile esigenza di dare un'espressione visiva della figura dell'uomo, non già dell'uomo eterno, ma proprio dell'uomo malmesso dei giorni nostri. Per questo, nella sua opera, l'uomo ha cessato di possedere il privilegio di un'individualità, di una fisionomia riconducibile a una persona singola, per presentarsi col profilo assottigliato di un emblema anonimo costantemente affaccendato e in cammino, senza appartenere alla quantità, alla folla accalcata delle grandi metropoli, alla massa manipolabile degli utenti. Così è destinato a raddoppiarsi, a proliferare, a dare origine a folte concatenazioni e sequenze, fino a comporre delle colonne umane formate da un gruppo di uomini sovrapposti gli uni sulle spalle degli altri. In scultura, la fusione nel bronzo rappresenta la scelta funzionale di una materia e di una tecnica metallurgica che consente la moltiplicazione del modello nei confronti dell'inclinazione del marmo verso l'unicità aristocratica.